Teatro Dialettale - LE VOCI DI DENTRO
- Pubblicato in Teatro Dialettale
di Eduardo De Filippo
Luna Nova - Napoli
Biglietti in vendita presso il botteghino del teatro (lun/ven 16.30/19.30) e online
Da Shakespeare a Pirandello, a Eduardo, il sogno ha sempre destato l’attenzione e la curiosità di poeti e letterati influenzandone e caratterizzandone la poetica e la scrittura. Il sogno che si confonde con la realtà a volte sembra dissolvere i confini tra il reale e l’immaginario. Anche per questo “Le voci di dentro” merita di essere posta tra le più belle e significative commedie di Eduardo De Filippo. Ma questa volta un sogno confonde la realtà e la fantasia, rivelando così i torbidi pensieri di tutti i personaggi. Commedia introspettiva, disperata, una commedia noire, dove sogno, visione e realtà si fondono e confondono, dove il sospetto e la mancanza di sentimenti puri impediscono la sana comunicazione e le voci di dentro non trovano più vita. La compagnia Luna Nova ha vinto due volte il festival con “Fatto di cronaca” di Viviani nel 2010 per l’ottava edizione e lo scorso anno con “Sabato, domenica e lunedì” di Eduardo, grazie ad un bel gruppo di attori e attrici guidati da Angelo Germoglio, capocomico di grande sensibilità artistica.
“Pijemice nu cafè” è il titolo della commedia scritta ancora una volta da Tonino Ranalli ed Enzo D’Angelo e vuole essere un invito al pubblico ad entrare in una nuova casa, a conoscere i personaggi che la popolano ed a condividere le vicende di questa famiglia. Siamo negli anni ’70, la famiglia Cancella torna dal funerale di una vecchia zia e nel breve spazio di due giorni la sfortuna sembra accanirsi contro di essa. Gli avvenimenti, gli equivoci e le vicissitudini negative sono così tante che il finale può essere solo…Una galleria di personaggi particolari, interpretati dai soliti volti noti, vi condurranno sempre sul filo del divertimento, anche a riflettere sulla vita. La bottega ha vinto la terza edizione del festival nel 2005 con lo spettacolo cult “Na femmena che li baffi” replicato centinaia di volte anche da altre compagnie e forse il più riuscito della compagnia. La Bottega rappresenta uno degli esempi più belli di teatro dialettale abruzzese e di prolificità produttiva della coppia Ranalli-D’Angelo che non sono mai mancati al festival lancianese.
Come ormai è tradizione la serata della premiazione è sempre stata organizzata con il solito impianto molto “leggero” ma quest’anno si è deciso di effettuarla il sabato sera per permettersi di prolungare la serata in buona compagnia nel rinnovato Foyer del teatro. A seguire uno spettacolo, che offre agli appassionati un gruppo emergente locale di Villa Martelli che affronterà una delle commedie più riuscite di Tonino Ranalli. Ci sarà da ridere e divertirsi con tanti bravi giovani attori sul palcoscenico che hanno raggiunto una bella maturità artistica.
La storia è ambientata negli anni ‘60 in una casa gentilizia dove è venuto a mancare il Marchese Don Vincenzo Carrozza. La moglie Donna Elisabetta, ed il figlio Luigino, aspettano con ansia l’apertura del testamento lasciato da Don Vincenzo che però, per cavilli burocratici, tarda ad essere letto dal Notaio.
"EULALIA" è una commedia brillante in due atti e un quadro, in vernacolo pescarese, scritta e diretta da Franca Arborea. Franca è una delle tante donne del teatro abruzzese autrice attrice e regista. La commedia soffia allegramente su questi temi: marito scioperato, truffaldineria della negromante, dileggio per la disabilità intellettiva, superego dei protagonisti. L'azione si svolge ai tempi nostri. La materna idea di progettare matrimoni per le proprie figliuole, brutte ed incapaci, trova in Eulalia la predisposizione organizzativa alla scalate sociali delle stesse. Cartomanti, millantati parenti ricchi, equivoci, imbonitori sfumate eredità. Nonostante gli accadimenti precipitino, ella non demorde e l'epilogo non può che trovare Eulalia impreparata dalle sue stesse subdole manovre..jpg)
La commedia è liberamente tratta dal Malato Immaginario di Moliere che Marina di Carluccio ha voluto traslare ai nostri tempi forse molto più adatti a rappresentare il protagonista, oggi, che ai tempi del grande drammaturgo.
La commedia racconta nei tre giorni della settimana. Il Sabato, rappresenta l’attesa, dove si svolge il rito della preparazione del famoso ragù che dovrebbe riunire la famiglia. La Domenica, che dovrebbe rappresentare un momento di allegra condivisione, ma vede invece venir fuori tensioni, malumori e rancori a stento sopiti. Il Lunedì che è il giorno dei ripensamenti, degli animi placati inclini a più miti consigli. Eduardo affermava: “nella commedia c’è dentro un fermento contestatario, un’anticipazione dell’avvento del divorzio in Italia, c’è una apparente fusione di finti rapporti cordiali in una famiglia in cui convivono i rappresentanti di tre generazioni, dietro la facciata bonaria si avverte un ammonimento a tutti i coniugi che non vanno d’accordo: spiegatevi, chiaritevi i vostri dubbi, i vostri tormenti. Alla fine della commedia si comprenderà come si possono risolvere i tanti problemi della coppia.
Una gravidanza non voluta, un parto clandestino, un bambino non riconosciuto. Segreti che segnano un dramma personale, che rischia di frantumare la solidità di una famiglia che ha superato, nella coesione, una tragedia devastante come un terremoto. Il terremoto è una cosa immanente nella vita degli aquilani e neanche la famiglia della commedia riesce a scrollarsi di dosso questa situazione”. Ma vi è una nonna, acuta ed accorta come le nonne vere, che scruta e comprende, indaga e convince e trova la soluzione nella chiarezza che si dipana attraverso una serie di sottili inganni. Questo lo scheletro del racconto in due atti e in vernacolo “N angilu arrete la porta”, scritto da Rossa Crisi, diretto da Franco Villani e rappresentato dalla compagnia “Il Gruppo”. Franco e Rossana sono la coppia del teatro abruzzese che da oltre 40 anni sfornano commedie a ritmo vertiginoso. Anche se il tema è forte, la commedia è piacevole e ben scritta da Rossana che con delicatezza ne affronta l’esito finale.
La commedia scritta da Eduardo Scarpetta è una pietra miliare del teatro napoletano ed una delle più rappresentata da compagnie amatoriali. Arnaldo De Rosa come è suo solito si trova a suo agio in questo ambito e coglie gli aspetti più grotteschi dell’opera che acquisisce ulteriore valore con caratterizzazioni colorate e originali. Il cast numeroso e ben equilibrato risponde bene alla regia e il risultato diverte gli spettatori. La storia è conosciuta e non vale la pena ricordarla essendo conosciuta a memoria dagli appassionati ma traccia la straordinaria genialità di una città e dei suoi cittadini geniali e simpaticamente mariuoli per fame e per necessità.
La storia del Visionario e in”pavido” scalcinato cavaliere spagnolo è conosciuta. Il protagonista, questa volta marchigiano, si imbatte , accompagnato da ben due scudieri, in avventure, sogni, streghe e la sua Dulcisdea, amore agognato, fino all’esito finale. Don Cosciotto è fatalmente grottesco, combattuto tra eroismo e pavidità, imbrogliato da suoi infidi scudieri affamati e allupati alla ricerca di avventure …amorose. Inizierà quindi a scambiare i mulini a vento con giganti dalle braccia rotanti, i burattini con demoni, le greggi di pecore con eserciti nemici. Combatterà questi avversari immaginari risultando sempre sonoramente sconfitto, e suscitando l'ilarità delle persone che assistono alle sue folli gesta. L’impianto dello spettacolo è ben aderente alle necessità della storia e coinvolge e diverte lo spettatore.