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LE STANZE DI MARCO - PANTANI, epopea di un ciclista

In occasione della Tappa Vasto - L'Aquila del Giro d'Italia 2019 e del decennale del sisma 2009/2019:

Venerdì 10 maggio 2019 ore 21

LE STANZE DI MARCO. PANTANI, il ciclista

con Marco Bellelli e Paolo Sideri

testo e regia: Eva Martelli

ricerca storica e collaborazione al testo: Marco Bellelli

scenografia: Filippo Iezzi

ricerca musicale: Armando Minutolo

luci e fonica: Attilio Martelli

organizzazione: Gianna Di Donato

disegno e grafica: Antonella Scampoli

Marco Pantani è stato l’ultimo campione capace di suscitare emozioni collettive nel popolo del ciclismo.
I suoi scatti sulle montagne del Giro d’Italia, le sue scalate sulle salite del Tour de France, rappresentano le ultime imprese memorabili in un mondo, quello del ciclismo, che dopo di lui è cambiato per sempre.
Torna Marco Pantani nelle stanze d'albergo che lo videro campione e uomo fragile dopo la squalifica dal Giro d'Italia del '99. Torna a parlare di sé e della sua epopea di ciclista tra sogno e realtà.

Ingresso € 10 - Prevendita presso Nuova Libreria Barbati, Via degli Abruzzi 15, Lanciano - Tel. 0872 713252
c/o il botteghino del Teatro il giorno dello spettacolo dalle ore 19,30

 

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PALLOTT-E

sabato 6 aprile 2019 ore 21.30

Salone d'Onore Benito Lanci - ex Casa di Conversazione

PALLOTT-E

Il ricordo di un emarginato, un'impronta netta sulla nostra storia

 

Interpreti: Vittoria Oliva e Gabriele Tinari.

Musica, composta ed eseguita da Stefano di Matteo

Il diverso, il deforme, il mostro è stato tra noi, faceva paura, eppure cantava le romanze e attraversava, riempiva le strade con la sua voce.

Spettacolo che ricorda l'esistenza di un uomo vissuto forse fino agli anni ottanta, diventato suo malgrado e per sua fortuna un personaggio.

Ingresso: Euro 8  

Si consiglia prenotare
328 1233722
340 6343872
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fb/lecaltapie

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DOVE SONO ANDATI TUTTI I FIORI?

Giovedì 14 marzo 2019 ore 21

DOVE SONO ANDATI TUTTI I FIORI?
La storia di Pasquale Di Renzo nella Campagna di Russia
di e con Gianna Di Donato
regia di Eva Martelli
musiche e immagini a cura di Armando Minutolo

Ingresso 10€ - Biglietti in vendita presso la libreria Barbati (via degli Abruzzi, 15 - Lanciano - 0872 713252) oppure il giorno dello spettacolo a partire da 2 ore prima

Nello spettacolo ‘Dove sono andati tutti i fiori?’ si raccontano le drammatiche vicende vissute dal Maestro Pasquale Di Renzo nella Campagna di Russia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Originario di Chieti, dove nacque nel 1921, fu Caporale della Sforzesca nell’Armir. Sopravvissuto all’inferno russo e tornato in patria, divenne scultore ed insegnante.
Morì a Lanciano nel 1967, lasciando in eredità, attraverso le sue opere, un’impronta del suo passato.
L’esperienza della guerra, la dura prigionia nel campo di concentramento russo, il ritorno a casa, sono infatti contenuti nella sua opera scultorea e nei numerosissimi bozzetti e disegni.
Il testo dello spettacolo ripercorre le vicende della sua storia rintracciate attraverso diversi archivi in Russia ed in Italia: Archivio Storico dello Stato Maggiore, Roma, Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti in Guerra, Roma, Memoriale di Mosca, Archivio storico CGIL, Archivio storico della Croce Rossa Internazionale, Archivi militari dei Carabinieri e Archivi segreti Vaticani. Attraverso questo lavoro di ricerca storica è stato possibile ricostruire le vicende al fronte relative alla cattura e alla prigionia del soldato. In particolare la vita nel campo di concentramento russo con numerosi dettagli riferiti alla scuola di antifascismo che ha frequentato.
Il titolo dello spettacolo deriva da una canzone popolare ucraina “Koloda Duda” citata nel romanzo “Il placido Don” di Mikail Šolohov (1934) che Pete Seeger, cantautore e compositore statunitense, ha riproposto con il titolo “Where Have All The Flowers Gone’, una delle più grandi canzoni pacifiste di tutti i tempi.
Musica, immagini delle opere dello scultore, parola e azioni accompagnano lo spettatore nel viaggio fisico ed emotivo del soldato. Un canto poetico e struggente, dedicato alla gioventù di ogni tempo. Una pagina di Storia quasi dimenticata, un sacrificio immenso della “migliore gioventù”.

Lo spettacolo è stato rappresentato nel Tempio Nazionale "Madonna del Conforto" in Cargnacco (UD) nel settembre 2017 con il Patrocinio dell’UNIRR, Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia. Il Tempio di Cargnacco è un'opera monumentale voluta, dopo la Seconda Guerra Mondiale, da Don Carlo Caneva, già cappellano militare e reduce di Russia per ricordare i caduti e i dispersi di quella tragica campagna. Nel tempio ci sono oltre 8000 urne con i resti dei caduti.

 

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Teatro della Memoria - La città del tabacco - 1968-2018

1 maggio 2018 ore 17.30 Teatro Fenaroli

Spettacolo-Evento

Associazione Culturale L’Altritalia e la Compagnia Teatrale “Il piccolo resto” presentano

LA CITTA' DEL TABACCO 1968-2018
Progetto di Teatro di Comunità ideato da Eva Martelli

con i cittadini, le cittadine e la partecipazione straordinaria di Mario Giancristofaro

Replica 2 maggio ore 21.00

Ingresso Euro 10
Vendita presso Libreria Barbati

 


In occasione del 50° anniversario della Rivolta delle Tabacchine a Lanciano e della Festa del Lavoro, “La città del Tabacco” intende portare di nuovo l’attenzione su un evento storico di grande importanza per la città e stimolare la riflessione sul presente mondo del lavoro, mettendo in evidenza la trasformazione avvenuta nel corso degli ultimi 50 anni.
Uno spettacolo di teatro civile che è il risultato di un percorso di cittadinanza attiva.

 

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Teatro della Memoria - Die Sture

Venerdì 20 aprile 2018 ore 21.00 Auditorium Diocleziano

Le Caltapie Centro Creativo delle Arti - Associazione Teatro Possibile
“Die Sture” - La Testarda
La potenza del ricordo per l'azione di una donna, Gemma Di Castelnuovo, che resistette alla logica della guerra manifestando la sacralità della vita

Interpreti: Vittoria Oliva, Alice Di Falco, Gabriele Tinari
musica composta ed eseguita da Stefano di Matteo
testi di Alda Merini, Remo Rapino, Gabriele Tinari

Ingresso 5 euro

Questo spettacolo ha come obbiettivo aggiungere a quel che si sa sui martiri ottobrini lancianesi una ulteriore riflessione e il gesto di alto valore morale di una donna, Gemma Di Castelnuovo, che pochi conoscono.
Tutto quello che si racconta è accaduto e scaturisce da testimonianze vere.
Die sture entra nella memoria dei fatti dell’ottobre 1943 a Lanciano (Ch) quando alcuni tra i giovani che si ribellarono ai tedeschi occupanti furono uccisi. La narrazione di quei giorni inizia con la testimonianza di una bambina di sette anni, costretta con la sua famiglia a sfollare e raggiungere Lanciano, già liberata dagli alleati, da un piccolo centro della stessa provincia di questa città. In seguito, il racconto fa riemergere l’esperienza di dolore e morte di due martiri lancianesi, Trentino La Barba e Pino Marsilio e continua con la testimonianza di chi ha visto, una donna, Gemma Di Castelnuovo, rischiare la vita, per pulire i volti e le mani dei caduti, persone lasciate a terra come stracci, perché fossero monito per i ribelli.
Gemma Di Castelnuovo, una persona che con il suo gesto distrugge la logica della guerra e ci dà un esempio grandissimo di resistenza. “Die Sture” l’abbiamo chiamata la Testarda, perché mai nessuno l’avrebbe dissuasa dal compiere l’atto di pulire i corpi dei caduti e ricomporne la dignità e le storie personali. La scelta di questa donna, moglie e madre, che mette a repentaglio la sua vita e i suoi rapporti famigliari per dedicarsi a quell’opera pietosa e sacra, ci ha toccato così tanto e intimamente da volerla tradurre in spettacolo, perché se ne conoscesse l’esistenza.

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Teatro della memoria - T4

Sabato 14 aprile 2018 ore 21:00
Domenica 15 aprile 2018 ore 17:30

Auditorium Diocleziano
Associazione Culturale “Il Ponte”/Teatro Studio Lanciano
Presenta

T4
libero adattamento e regia di Carmine Marino da “Tiergartenstrasse 4” di Pietro Floridia
Con Carmine Marino e Rossella Gesini

Ingresso € 5,00 - Prenotazioni al 366.6689100


Ambientata negli anni ’40 ad Amburgo, questa storia dolcissima e tragica racconta l’incontro di due persone, George un giovane disabile mentale che vive coltivando fiori nell’assoluta innocenza di un rapporto di verità col mondo e Gertrud, l’infermiera nazista mandata a verificare le condizioni di George con il compito di sottoporlo al programma T4, il cosiddetto ‘Olocausto minore’ che prevedeva l’eliminazione dei disabili come vite ‘indegne di essere vissute’. L’incontro si trasforma a poco a poco in un’amicizia profonda ed in un legame di cura e di tenerezza che unirà i destini dei due fino alla fine. La scena si svolge su un duplice registro, la deposizione di Gertrud al tribunale delle forze alleate, dopo la fine della guerra e le vicende precedenti che scandiscono i momenti della storia.
Il testo di Pietro Floridia si rivela così un convincente meccanismo teatrale.
A prestare il volto al disabile mentale George, un uomo, come si ricorda nel primo interrogatorio, “che ha la mente di un bambino di 8-9 anni”, è Carmine Marino. Al suo fianco, Rossella Gesini è la signorina Gertrud, personaggio che cristallizzato nel ruolo dell’infermiera autoritaria, va man mano aprendosi alla realtà della vita che la porta ad essere prima di tutto donna ed amica.

APPUNTI DI REGIA
La parola tiergarten significa zoo: sarebbe il giardino (garten) degli animali (tier). Nel testo teatrale di Pietro Floridia, Tiergartenstrasse 4 è l’indirizzo della villa di Berlino che fu trasformata nel quartier generale dell'Aktion T4, il programma sull'eutanasia con cui i nazisti soppressero oltre duecentomila disabili. Che cos’è uno zoo se non un carcere in cui gli animali sono rinchiusi in gabbie? Pertanto il giardino si rivela una galera, il luogo di delizie un luogo di sofferenza, il paradiso un inferno. E quale metafora migliore per descrivere la condizione di diversità nella Germania nazista se non quella di un giardino con le sbarre? E quante sono le reali trasposizioni metaforiche di questo (non) giardino? Campi di concentramento, campi di sterminio,
campi di prigionia, ospedali. Sì, anche gli ospedali in cui veniva applicato il T4, il cosiddetto Olocausto minore, potevano diventare dei terribili giardini in cui nascondere (ed eliminare) la diversità. Ma dietro la parola tiergarten si può scorgere anche un’altra immagine, quella di un altro giardino: non più uno zoo, ma una serra, quella in cui George ha trascorso la propria esistenza di bambino emarginato, di figlio allontanato, di uomo abbandonato; la serra in cui ha imparato a conoscere i segreti della natura, la bellezza delle piante, il colore dei fiori, in cui ha messo da parte le paure per vivere una vita di totale spensieratezza. Ma, in fondo, anche in quella serra George era come un animale in gabbia, un giovane diverso tenuto a distanza dalla propria famiglia, nascosto nella serra durante le cene e i balli, nascosto agli amici e alla società perché al di fuori degli schemi codificati dell’onestà e dell’apparenza. Ma quella serra-prigione diventa per il protagonista un luogo di sogno, il luogo da cui rifuggire dalla noia, dalla solitudine, dalla disperazione, il luogo in cui trovare per la prima volta una propria identità, un proprio ruolo nel mondo, e un amico con cui parlare: il giglio Gunther.
Quando Gertrud, l’infermiera nazista incaricata di sottoporlo al T4, incontra George, il giardino-serra si scontra con il giardino-ospedale: l’ingenuità del ragazzo fa breccia nel cuore della donna, incapace di portare a termine la missione e decisa al tutto per tutto pur di mantenere in vita il seme della speranza. Il dramma diventa così un’avventura in grado di tenere lo spettatore con il fiato sospeso per poco più di un’ora, senza interruzione, senza uscite di scena, ma in un racconto ritmato e scandito tra l’interrogatorio dell’infermiera Gertrud alle forze alleate, dopo la fine della guerra, e le scene che rievocano la bella amicizia tra i due protagonisti.

 

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Teatro Memoria - “Io ci sarò ancora” Il caso Moro

Venerdì 16 Marzo 2018 ore 21:00 - Teatro Fenaroli

Associazione Culturale L’Altritalia e la Compagnia Teatrale “Il piccolo resto” presentano

IO CI SARÒ ANCORA
Il caso Moro, 1978-2018

Spettacolo patrocinato dal Senato della Repubblica

di Marco Bellelli
con Marco Bellelli e Paolo Sideri

drammaturgia e regia Eva Martelli
musiche Armando Minutolo
disegno luci e fonica Attilio Martelli
Organizzazione Gianna Di Donato

Biglietti in vendita presso la libreria Barbati (0872 713252)

Acciambellato in quella sconcia stiva,
crivellato da quei colpi,
è lui, il capo di cinque governi,
punto fisso o stratega di almeno dieci altri,
la mente fina, il maestro
sottile
di metodica pazienza, esempio
vero di essa
anche spiritualmente…..” Mario Luzi

Due uomini, due generazioni, due voci al servizio di una storia difficile e complicata.
Un rebus che non trova soluzione, ma che vale la pena affrontare per capire il presente.
Un percorso di ricerca che parte dal ritrovarsi in un “non luogo”, una zona d’ombra, dove l’unica certezza è che la strada si compie insieme e a turno si assumono i ruoli di questa tragedia collettiva.
La regia e il lavoro drammaturgico di Eva Martelli indagano proprio il senso di afasia che irrompe quando ci si appresta a raccontare una tragedia. Lo sforzo per contrastare questa difficoltà produce frammentazione e necessità di compiere atti tesi a comprendere il ruolo del prigioniero e del carceriere. È necessario sperimentare cosa succede quando si è reclusi in una prigione fisica e mentale, cosa significa mettersi nei panni del morto, divenire un “fagotto gettato dietro il sedile posteriore della Renault color amaranto parcheggiata in via Caetani” come scrisse Miriam Mafai il 10 maggio 1978.
La “sconcia stiva” è il punto di partenza e il punto di arrivo. È necessario aprire la stiva e svuotarla, trovarsi di fronte al “carico” e farsene carico, ricostruire le fasi dello stivaggio e indagarne il percorso e poi caricare di nuovo con la consapevolezza di ottenere maggiore pesantezza. Un serio gioco di pieni e di vuoti alla ricerca di un senso che possa gettare luce su un grande naufragio.
Un naufragio dal quale si sopravvive cambiati e non si può far altro che “passare il testimone”.
Il testo di Marco Bellelli, oltre a voler essere un tributo alla memoria di uno dei più grandi statisti della storia repubblicana, rappresenta il tentativo di raccontare i 55 giorni del caso Moro attraverso uno sforzo narrativo ampiamente documentato, basato sulle cronache del tempo, sugli atti della Magistratura e delle Commissioni Parlamentari e sulla ricca e autorevole pubblicistica dedicata alla vicenda. Ne scaturisce, attraverso un salto indietro nella storia d’Italia, un racconto appassionato, utile alla memoria collettiva e alle nuove generazioni.

 

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Teatro Memoria - Se ci fosse luce- Raccontando il caso Moro

Domenica 23 Marzo 2014 ore 18 Polo Museale S. Spirito, Via S. Spirito

Associazione Culturale “L’Altritalia” - Compagnia Teatrale “Il piccolo resto”
presentano
“SE CI FOSSE LUCE”
raccontando il caso Moro
di e con Marco Bellelli e Gianna Di Donato, Paola Di Diego, Emanuela D’Ortona
regia Eva Martelli

assistenza tecnica  Valentina Massari, Armando Minutolo

L’assassinio di Aldo Moro, e dei cinque uomini della sua scorta, rappresenta una delle pagine più drammatiche della storia della nostra Repubblica.
"Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”.Cosi scriveva Aldo Moro nella sua ultima lettera, durante la sua prigionia, nell’imminenza del suo assassinio.
Anni dopo, Oscar Luigi Scalfaro, Presidente della Repubblica, così commentò gli avvenimenti di quei giorni: “(…) una successione di processi riuscì a raggiungere i responsabili dell’orrendo crimine. Ma le intelligenze criminose, che scelsero, mirarono e centrarono il bersaglio in quel momento politico essenziale, sono comprese in quei processi? E, se no, a quale giudice risponderanno?. Eppure ne risponderanno”.
Raccontare il caso Moro nasce dall’esigenza di ricordare il sacrificio delle vittime del terrorismo, ma rappresenta anche il tentativo di “capire”, e di portare un po’ di luce fra le tante zone d’ombra di quella vicenda, ove si celano responsabilità dimenticate e poco conosciute.

Biglietti  (€ 5,00) in vendita presso la libreria Barbati, Corso Trento e Trieste 103, 0872 713252
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Teatro Memoria - Legionari...

LEGIONARI - L’IMPRESA DI FIUME - Teatro Memoria

Martedì 25 Febbraio 2014 ore 21:00

Polo Museale S. Spirito Teatro Studio Lanciano - Ingresso: 7€ - info e prenotazioni 340-9775471

uno spettacolo di e con  Stefano Angelucci Marino
testo, regia, luci e musiche  Stefano Angelucci Marino 
collaborazione drammaturgia e regia  Rossella Gesini 
scena e costumi  Artibò suono Globster
una produzione  TEATRO DEL SANGRO 

1920, a Fiume. 
Un soldato,Vincenzo. Meridionale, abruzzese. Un reduce della prima guerra mondiale, un ardito: la guerra lo ha cambiato per sempre, il suo posto non è più a casa nel paesello d’origine. L’inquietudine lo porta a partire. Per andare a Fiume. A Fiume, dove pare ci sia una  Causa capace di accendere cuore e mente.
Immerso dentro la “città di vita”, il nostro ci dirà di tensioni, splendori e miserie di quella festa rivoluzionaria, di bravate futuriste e di utopie, di trasgressione sessuale e di pirateria, di gioco, di guerra e di quell’insopprimibile bisogno di finirla in bellezza con questa inutile stupida vita, in una specie di orgia eroica. Sarà in parte comico, in parte tragico. 
Per la precisione tragicomico.

L’Impresa fiumana (1919-1920), dalla parte degli “scalmanati”
Il 12 settembre 1919, nel riassetto generale che fa seguito alla Grande Guerra, la città di Fiume viene presa da un manipolo di militari disertori guidata da Gabriele D’Annunzio e tenuta sino al termine dell’anno successivo. Gesto folle che sembra andare contro qualsivoglia regola di lucida politica internazionale che va disegnandosi dopo la guerra sulle ceneri degli stati sconfitti. Italia ed Jugoslavia si contendono Fiume, sebbene già il 30 ottobre 1918, prima dell’armistizio ed al principio del disgregamento dell’impero austro-ungarico, il Consiglio nazionale italiano di Fiume si sia già pronunciato a favore dell’annessione all’Italia.
Un manipolo di soldati, di poeti, letterati, pittori e brillanti uomini di cultura misero tutto il loro impegno nella costruzione di quella che viene definita "la città di vita". Senza dubbio fucina di talentuosi ingegni, l’impresa si rivelò un momento davvero intenso per quei giovani che animavano i salotti (letterari e non) dell’epoca, richiamando persino l’attenzione del Club Dada. Durante i mesi dell’occupazione Fiume si trasforma in una piccola controsocietà sperimentale che vive in un clima psicologico atipico e soprattutto avulso dalla morale corrente. Idee e valori sono completamente rovesciati: la norma diviene la trasgressione. Libertà sessuale, omosessualità, uso di droga, nudismo, pratica del ribellismo di massa e così di seguito. Tali manifestazioni collettive psicologiche e di costume sono documentate nelle visioni politico-sociali della Carta del Carnaro e della Lega di Fiume, che avrebbe dovuto riunire i rappresentanti dei popoli oppressi.
Di questo fervore risente anche la dimensione del tempo. I fiumani vivono in una sospensione temporale, una sorta di eterno e giovane presente che sembra essere privo di passato e di futuro ed ha come effetto uno stato febbricitante proprio non solo degli ideatori dell’impresa ma anche dei legionari. Una febbre fatta, nei più risoluti, di orrore per la vita dura e grigia di tutti i giorni, di disprezzo per gli ordini costituiti, di disinteresse per il passato e per l’avvenire, di irridente spregio per la virtù e per il risparmio, per la famiglia, per gli avi, per la religione, per la monarchia e per la repubblica. Sono sentimenti, codesti, che giacciono anche nel remoto sottofondo di molti benpensanti, ma normalmente repressi e condannati in nome della rispettabilità. L’esplosione sfrenata di essi fu forse la caratteristica più importante dell’ambiente legionario fiumano e segno di una situazione politica intrinsecamente rivoluzionaria, in cui D’Annunzio si trovò, un certo momento, ad essere il capo, mandato avanti piuttosto dalla forza degli eventi che da una sua chiara volontà. Ed assieme al Vate molti sono i nomi d’eccezione: Léon Kochnitzky, ebreo convertito, versatile musicista nordico innamorato della mediterranea penisola, Henry Furst, Ludovico Toeplitz, consigliere delegato della Banca commerciale italiana, tutti rappresentanti dell’ala anticonformista, inquieta e ribelle del fiumanesimo. Il pilota Guido Keller, gli scrittori Mario Carli e Giovanni Comisso, ma anche ragazzi che diverranno noti solo successivamente Ricciotto Canudo, Marcello Gallian, il poeta magiaro Andor Garvay, il futuro poeta e critico Raffaele Carrieri, Mario Carli, compagno di Martinetti ed Emilio Settimelli nella preparazione di "Roma futurista", organo di stampa del partito futurista.In questo clima, attraversato da tensioni opposte e contrastanti fra moderati, radicali e ribelli sfrenati, si consuma l’esperienza di Fiume dalla quale nasce l’associazione Yoga, ovvero "Unione di spiriti liberi tendenti alla perfezione". Ideata da Keller e Comisso, voleva contrastare gli elementi moderati e conservatori che circondavano D’Annunzio.
Anche l’economia della "città di vita" è singolare: il governo di Fiume realizza le sue entrate non da tasse ed imposte ma dalle ruberie degli Uscocchi e dalle donazioni di generosi sostenitori anonimi o illustri. Ricordando le imprese degli Uscocchi, pirati balcanici del Cinquecento, il Vate battezza nello stesso modo i suoi legionari pronti a tutto e specializzati in colpi di mano terrestri e marittimi. E così, scardinate le regole, Fiume diviene simbolo di una politica-vacanza che sembra muovere dagli orrori della Grande Guerra e per dimenticare propone la festa sia come sublimazione dell’iniziativa politica che come momento di gioco, danza e mascherata. 
L’Impresa fiumana fu un sogno condiviso e realizzato. Uno slancio d’amore che non ha eguali nella storia. D'Annunzio, sì, fu l’interprete ispirato di quello slancio, il Comandante, il Vate che guidò quella straordinaria avventura, ma protagonisti assoluti furono i tantissimi giovani che, disertando o scappando da casa, si riversarono nella città irredenta e là rimasero per oltre un anno. L’età media dei soldati che, da soli o a battaglioni interi, parteciparono all’Impresa fu di ventitré anni. 
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Il balcone di Golda

Il balcone di Golda è un monologo scritto da William Gibson, incentrato sulla vita della premier israeliana, Golda Meir, interpretata magnificamente da Paola Gassman.
Pertanto non appena il sipario si apre, vediamo un palcoscenico brullo e crudo, dove la Meir, seduta su di una sedia, rimembra le sue vicende passate, ormai anziana e claudicante.
Nonostante tutto, la Gassman riesce a rendere il palco dinamico ed efficiente, malgrado ci siano solamente due sedie ed un tavolo; infatti è capace di far immaginare al pubblico i luoghi più impensabili, che caratterizzarono la vita della Meir.
Inoltre, essendo questo uno dei monologhi più lunghi,  la rappresentazione della Gassman è stata poco tediosa ed assai coinvolgente; difatti l'attrice ci ha trasmesso l'idea di una donna comune, che per sopportare il grande peso del suo incarico, preponderante per l'equilibrio del paese, sopravvive con "sigarette e caffé"; trasportandoci nella dimensione quotidiana di quegli anni e suscitando emozioni per nulla piacevoli, eppure imprescindibili dalla piena comprensione della condizione umana e del valore di Golda Meir.
In conclusione l'opera è alquanto avvincente e conduce lo spettatore verso una riflessione non indifferente, su una delle questioni più importanti, il sionismo.
 
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