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Chi ha paura muore ogni giorno. I miei anni con Falcone e Borsellino

Con il titolo “Chi ha paura muore ogni giorno. I miei anni con Falcone e Borsellino” Giuseppe Ayala dà nome al suo spettacolo, riprendendo le parole che furono di Paolo Borsellino (“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”);
improprio chiamarlo spettacolo, come ha ribadito il magistrato nell\\\'incontro coi ragazzi, poiché si tratta di una trasposizione teatrale di un suo libro dal titolo omonimo.
A far cornice alla rappresentazione, una scarna ma altrettanto valida ed affascinante scenografia dominata da un albero di magnolia (come quello che si trova a Palermo sotto la casa di Giovanni Falcone), già di per sé simbolo del tema trattato.
A dividere il palco in più parti sono invece tre gruppi di sedie, muovendosi tra i quali il magistrato scandisce i diversi momenti del suo monologo.
È invece un contributo video sulla Strage di Capaci a fare da introduzione a quelli che poi saranno i temi della recitazione: le figure dei due eroi antimafia e il loro rapporto con Ayala, e il Maxiprocesso a Cosa Nostra di Palermo.
Uno spettacolo toccante e al tempo stesso commovente nel senso più sentito del termine, perchè attraverso le parole del giudice, scandite con oculata precisione, lo spettatore riesce a rivivere i fatti come se fosse presente nelle azioni narrate, come se fosse un diretto testimone dei processi e delle vite dei magistrati-eroi e come se avesse partecipato in prima persona alle loro vicende personali.

È forse proprio questo il pregio maggiore della rappresentazione: riuscire ad essere coinvolgente nel farci conoscere il lato privato e intimo delle vite di Falcone e Borsellino, mai esplorato a fondo perchè solitamente non preferito alla sola commemorazione delle loro tragedie.
Ayala, con i suoi racconti e con i suoi aneddoti sembra ribadire insistentemente come loro fossero uomini più valorosi di altri, ma in fondo, intimamente, uomini come tutti gli altri, con tutte le loro paure, i loro difetti e le loro speranze.
Emblematica a tal punto la frase “ridevamo per non piangere”, riferimento all\\\'inaspettata ironia dei giudici, come emblematici sono i racconti di alcuni comportamenti di Falcone al limite del grottesco oppure quelli intimi del rapporto di coppia tra quest\\\'ultimo e sua moglie.

Dunque, più che uno spettacolo, una vera e propria lezione di vita, di cui Giuseppe Ayala, con la sua dolce inflessione siciliana, anche grazie all\\\'ausilio di contributi video e alla partecipazione della brava Francesca Ceci, si fa portavoce.
Ultima modifica ilVenerdì, 17 Febbraio 2012 15:57

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