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ANCHE LE VOLPI SI IMBATTONO NEI LUPI

“Anche le più scaltre volpi si imbattono nei lupi”, è forse l’unica verità della vicenda “Todo Modo” spettacolo teatrale diretto egregiamente da Fabrizio Catalano Sciascia e Maurizio Marchetti.
L’unica verità, infatti, che emerge dall’intricata vicenda, è che “menzogna genera menzogna”, come afferma uno dei protagonisti, lo scrittore, interpretato da un incantevole Paolo Ferrari.
Alcuni tra i più importanti personaggi politici, industriali e religiosi, che periodicamente si riuniscono nell’eremo di Zafer per esercizi spirituali, vengono assassinati misteriosamente. Lo spettacolo si trasforma in un giallo, nel quale serpeggia un clima di tensione e sospetto, in cui nessuno è esente dall’esser giudicato colpevole. Tutti sono responsabili, poiché ogni personaggio è lo specchio di una società ipocrita e corrotta, che cerca in tutti i modi di mascherare la sua follia. La mancanza di verità, la schizofrenia del potere, la decadenza morale e l’ipocrisia sono l’espressione della cultura elitaria di una classe dirigente priva di alcuna morale, intenta solamente a ottenere “i grandi guadagni che spazzano via i grandi principi”, i quali, però, la porteranno all’autodistruzione.
Don Gaetano, interpretato da un maestoso Giuseppe Pambieri, è il personaggio più emblematico e rappresenta una visione radicalmente pessimista della realtà. Misterioso, terribile, cinico, affascinante, colto e soprattutto eloquente. La sua arte è quella di persuadere e intrigare chiunque, affermando una religione contraddittoria e ipocrita. “La chiesa è come la zattera di Medusa”, afferma Don Gaetano, gli uomini che vi sono a bordo si sbraneranno a vicenda. Il fuoco che divampa è dappertutto, anche nella chiesa, raggiunge qualsiasi animo, anche il più casto. Don Gaetano si impone, sentenzia, ipnotizza, ma allo stesso tempo si contraddice, poiché condanna chi giudica (il sostituto procuratore incaricato dell’inchiesta) e chi dialoga (lo scrittore).
Contrapposta alla figura di Don Gaetano, c’è il ruolo di Paolo Ferrari. Egli è folgorante, schietto, caustico. Non ha bisogno di tante parole, né tantomeno, a differenza di Don Gaetano, di muoversi continuamente sulla scena per attirare l’attenzione degli altri personaggi. Lo scrittore, dietro il quale si cela probabilmente Leonardo Sciascia, autore del libro “Todo Modo”, da cui è tratto lo spettacolo, è il personaggio più democratico, colui che crede nel dialogo e nel confronto e a cui sono affidati l’inizio e la conclusione dello spettacolo. Egli apre la scena con il domandarsi il significato di vivere e la conclude proponendo la soluzione dell’intera vicenda: rifondare la verità.
Scenografia essenziale e moderna, con luci basse che si oppongono ai fervidi dialoghi dei personaggi.
Uno spettacolo intellettuale di denuncia sociale e morale. Un “opus oratorium maxime”, in cui l’arte della parola suscita emozioni e riflessioni su un testo del 1974, che come afferma Giuseppe Pambieri, è “scritto per i giovani di allora e di oggi”.

Giada Nicoletta De Gregorio

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