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Francesco di terra e di vento

Regia: Umberto Zanoletti
Con:Andrea Cereda,Gianni Coluzzi, Massimiliano Zanellati

L’ opera “Francesco di terra e di vento”, per la regia di Umberto Zanoletti, è andata in scena al teatro “F. Fenaroli” di Lanciano il 12 febbraio 2008 nell’ambito della rassegna “Teatro del Sacro”.

Non si parla del santo ma dell’uomo. Tuttavia l’uomo-Francesco non va in scena a “sciorinare” il suo bagaglio di esperienze bensì sono gli amici o i frati o la gente comune a filtrare la sua esistenza. Tramite questa prospettiva dal basso, vengono ripercorse le varie tappe del suo cammino: gli scherzi tra amici, come il fingersi un mendicante; la guerra contro Perugia, dopo la quale perde la sua baldanza giovanile; il processo, la vestizione, l’incontro con il Papa, la regola. Gli episodi della vita sono narrati o agiti  in un susseguirsi continuo che non lascia spazio al divagare della fantasia della spettatore che si sente direttamente coinvolto e proiettato in una esperienza umana che ha dello straordinario.

Le parole sono quella di contemporanei che si misurano con fatti del ‘300, ma le distanze si annullano quando scopriamo che la ricerca interiore di Francesco nasce dal chiedersi quale sia il senso della vita: la voce di Dio con la sua delicatezza dirompente interviene a rispondere e permeare la vita dell’uomo. La spiritualità si respira nell’atmosfera, resa polverosa e connotata coloristicamente di giallo da un tappeto di foglie sul palco. Essa però non è pesante o coercitiva: è una presenza costante non opprimente . E’ come se sulla scena scorresse un tempo doppio. Quella di dio e quello dell’uomo che prevale sull’altro, lasciando così allo spettatore la possibilità di mostrare la propria incredulità o di essere ironici, come fanno gli amici. La prospettiva è profondamente umana e materiale: i gesti, i rumori (come il crepitio della foglie), le pietre di san Damiano, la coperta rifiutata, sono cose quotidiane. Non siamo attratti dal lato mistico del santo ma dalla complessità della fragilità umana. Sono l’abbraccio al crocifisso, al lebbroso, al vescovo, il rifiuto di una coperta, la sofferenza e la solitudine che ci pongono di fronte alla nostra finitudine che non comprende qualcosa che va oltre e che resta inafferrabile rispetto all’unico grande protagonista: l’uomo. Allora Francesco non viene esaltato ma è “improvvisamente immobile, muto, freddo come una manciata di terra; leggero, discreto, sincero come un soffio di vento”.

Florinda Iezzi
Liceo Classico “Vittorio Emanuele II”
Lanciano

Ultima modifica ilLunedì, 03 Novembre 2008 00:14

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