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Pensaci Giacomino

Sferzante ironia ed inesorabile drammaticità dimorano nel pulsante cuore di parole di “Pensaci, Giacomino!”, opera nata novella nel 1910 e poi trasposta in prosa teatrale dalla geniale mente dello scrittore agrigentino Luigi Pirandello.

La rappresentazione teatrale, con la regia di Fabio Grossi, porta in scena in modo fedele il testo pirandelliano, limitandosi a posporre di trent’anni circa la vicenda, inserendola al centro di un contesto storico-sociale - quello degli anni ’50 – in cui da una gravidanza extraconiugale mutuava un’insormontabile problematica: il mormorio delle genti. Ed è proprio questo il nerbo dell’opera: la continua maldicenza di una società marcia fino al midollo, pronta a scagliare con tracotanza la prima pietra, limitandosi a pronunziarsi a malapena conoscendo la superficie di quel che giudica. Tematica, purtroppo attuale in ogni epoca, compresa l’odierna, portata in scena sapientemente, non solo attraverso il copione, ma anche attraverso le ironiche musiche di Germano Mazzocchetti ed il sipario. Quest’ultimo, infatti, allontanatosi dal canonico sipario rosso, è costituito da una tenda semitrasparente raffigurante enormi volti, dal muto e sinuoso sarcasmo, simboli della calunnia e del bigottismo della cittadina in cui si svolge la vicenda. Grandi maschere scenografiche, intrise del medesimo significato dei volti del sipario, scandiscono poi il passaggio da un atto all’altro muovendosi sul palco.

La storia racconta la vicenda di Lillina, una fanciulla rimasta incinta del giovane fidanzato, Giacomino, e che non sa come portare avanti la gravidanza. Il professor Toti, confidente di poter aiutare e dare dignità alla ragazza, decide di sposarla, permettendole comunque di vedere il proprio fidanzato, allestendo una sorta di ménage à trois (e tuttavia lungi dal professore toccare la fanciulla). L’opera ruota attorno al professore, che, a seguito del suo sincero e caritatevole gesto, si vede costretto a fronteggiare l’ottusa pervicacia dei benpensanti ( i genitori di Lillina, la sorella di Giacomino e Padre Landolina ).

Straordinaria l’interpretazione di Leo Gullotta, attore protagonista, che veste i panni del professor Agostino Toti. Straordinaria perché sommamente umana, sommamente vera. Quella del professore è una figura complessa proprio per via della sua semplicità: un uomo saggio e folle, che agisce per il bene di Lillina e che con disincanto fronteggia un mondo avariato e ciarliero, cosciente dell’ipocrisia e della pazzia di chi lo considera un pazzo. L’arma di Toti è una spiazzante ironia, che Gullotta restituisce splendidamente, attraverso la quale egli riesce ad annichilire i pregiudizi di una farisaica morale.

Il finale è saturo di un’amara speranza, per un mondo, sempre fedele a sé stesso, che fatica ad esser pronto per l’umanità del professor Toti. 

Alesssandro Muscente

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