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LA FIACCOLA SOTTO IL MOGGIO

“La fiaccola sotto il moggio è la perfetta delle mie tragedie”: così Gabriele D’Annunzio amava definire questa sua spettacolare opera teatrale, da lui composta, all’indomani della rottura con Eleonora Duse, nel mese di febbraio del 1905.

Analizzando il titolo, possiamo subito dedurre quale sarà il tema centrale della vicenda: il moggio era una specie di tino utilizzato anticamente dal contado per misurare una determinata quantità di grano; “tenere la fiaccola sotto il moggio” è quindi un modo di dire che equivale al “occultare una verità”.

La tragedia dannunziana viene ambientata, intorno al 1830, ad Anversa degli Abruzzi, presso le Gole del Sagittario, e narra le sanguinose vicende della famiglia dei Sangro durante la notte che precede la Pentecoste. Durante queste ore Gigliola, figlia di Tibaldo (principe della dinastia dei Sangro), decide di attuare un astuto piano per vendicare la morte di sua madre, uccisa all’incirca un anno prima da Angizia (che Gigliola chiama ostinatamente Serva) nonché attuale moglie di suo padre. L’unico personaggio in grado di reagire è Gigliola, suo fratello Simonetto, malato di sifilide, è all’oscuro di tutto ciò che gli sta accadendo intorno ed è persino ignaro dell’uccisione di sua madre: egli, infatti, è convinto che sua madre sia morta di malattia. A tutto questo bisogna aggiungere che Tibaldo è totalmente succube di Angizia e non è in grado di controbatterle e di far valere le sue idee. Nella prima parte della tragedia il progetto di Gigliola sembra non realizzarsi, ma è nella parte finale della storia che questo troverà compimento: quando i Sangro offrono la loro ospitalità al “serparo”, padre di Anginzia, da lei rinnegato, tutto cambia. Gigliola, infatti, riesce a sottrarre a questo una sacca contenente dei serpenti molto letali e decide di farsi mordere da uno di questi; ormai le restano ancora pochi minuti di vita e per questo decide di andare nella stanza di Anginzia per assassinarla, ma proprio nel momento in cui la ragazza sta per compiere il misfatto, si accorge che il corpo della sua matrigna è già privo di vita, e scopre che è stato proprio suo padre a ucciderla.

Il Vate, componendo “La fiaccola sotto il moggio”, ha sicuramente preso inspirazione dalle due eroine eschilee, Elettra e Clitemnestra, con l’intenzione di riportare nel teatro moderno le atmosfere spiritualmente sconvolgenti della tragedia classica che da moltissimi secoli a questa parte affascinano intere generazioni.

La compagnia ATIR di Milano ha rappresentato al meglio questa tragedia dannunziana, rendendola veramente attuale, ma senza discostarsi dal volere dell’autore. È dunque un perfetto connubio di classicità e modernità, reso molto intrigante e coinvolgente al livello emotivo grazie anche agli spettacolari giochi di luci e alla freschezza e alla genuinità degli attori.

VALENTINA DI NUNZIO, II A LICEO CLASSICO “VITTORIO EMANUELE II” LANCIANO
Ultima modifica ilLunedì, 30 Aprile 2012 15:36

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