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FEDRA 2003

DI PAOLO PUPPA
REGIA DI ANGELO GENERALI

Sabato 15 marzo alle ore 21, presso  la Sala Mazzini di Lanciano, è stato portato in scena lo spettacolo “Fedra 2003” di Paolo Puppa. Nell’incontro con alunni e giornalisti avvenuto il pomeriggio del medesimo giorno, il regista Angelo Generali spiegava che la preposizione “di” non è casuale. A differenza ad esempio dell’espressione “da Aristofane”, riferita allo spettacolo “ Le donne in parlamento ” di Serena Sinigaglia, la preposizione “di”vuole indicare una minore libertà del regista per quanto concerne il testo originale. Generali, infatti, ha affermato di aver chiesto a Puppa la licenza di ridurre il testo, attribuendo una maggiore importanza alla scrittura scenica, piuttosto che a quella letterale. E’ doveroso però, per una migliore comprensione dello spettacolo, ed in particolare del personaggio di Fedra, un accenno alla persona di Paolo Puppa. Egli è nato a Venezia (da qui si spiegano alcuna frasi in dialetto veneziano della protagonista ) e presenta molti elementi in comune con autori quali Cechov e Pirandello. Osservando e ascoltando la protagonista queste peculiarità emergono chiaramente…


“Fedra 2003” ,come fa notare il titolo stesso, è una storia attualizzata e raccontata a frammenti , come schegge. La Fedra di Generali distante, ma nel contempo vicina, alla Fedra euripidea, è una donna del nord-est padano, benestante e sui 40-50 anni. Non solo: ella è sensuale, dolce e aggressiva, arresa e combattiva e il merito va oltre che al regista all’egregia interpretazione di Sandra Cavallini. Sul palcoscenico, costituito da tre microfoni, un letto e una scatola con all’interno i ricordi, ci sono solo lei e la sua solitudine. Ecco, questo è un elemento importante e innovativo aggiunto da Generali. La solitudine per lui consiste nell’illudere la presenza di un personaggio che non compare che egli definisce “il confessore”. Fedra quindi svolge un monologo, parla , sussurra,urla avvicinandosi ogni volta ad un microfono diverso, ma sono racconti che rimbalzano nel vuoto. L’unica compagna che l’affianca attraverso il “flusso di coscienza” è la musica. La musica, soprattutto il blues ,svolge un ruolo fondamentale nello spettacolo. Il regista infatti decide di modellare i tempi della recitazione su di essa attribuendo ad ogni  scena (ne sono 12 complessivamente), una musica diversa a seconda dello stato d’animo di Fedra. Ella è come se si trovasse in un sogno e, provando i desideri e i dolori di una donna qualsiasi, racconta in scena cose che normalmente non si potrebbero e dovrebbero dire. Ad esempio nella scena 3 intitolata “Fedra cerca di controllarsi ma..”  Fedra afferma : “avrei dovuto essere sua non di suo padre” . E’ proprio da questa che emerge la funzione rivelatrice che Puppa attribuisca all’arte. Egli, come Pirandello ,ritiene che l’uomo si crei degli autoinganni, i quali danno vita alla forma dell’esistenza. Le “forme” come afferma lo stesso Pirandello “ sono i concetti, tutte le finzioni che ci creiamo le condizioni, lostato in cui tendiamo a stabilirci”. E’ proprio questo che succede a Fedra : si riduce ad una maschera … Chissà se riuscirà ad uscire dal personaggio e seguire il flusso della vita.

ADA RIKANI
III E LICEO CLASSICO “VITTORIO EMANUELE II”, Lanciano

Ultima modifica ilLunedì, 03 Novembre 2008 00:14

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