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A che servono questi quattrini?

Il 13 dicembre al Teatro Fenaroli di Lanciano, è andata in scena lo spettacolo “A che servono questi quattrini?”, ironica commedia rappresentata per la prima volta nel 1940 dalla compagnia dei De Filippo. Viene mostrata la curiosa vicenda che interessa il marchese Eduardo Parascandolo, detto il professore, il quale, dissipati i suoi averi, si diletta nell’arte dell’ozio, disprezzando il lavoro e ritenendo il denaro non solo inutile ma una vera e propria malattia per l’uomo; inizia così a insegnare la sua filosofia ad altri, quelli che chiama discepoli, tra cui c’è anche Vincenzino, che vive insieme alla zia in una piccola casa in affitto e che lascia il suo lavoro seguendo le parole del professore, il quale, per dimostrare la giustizia di questa sua filosofia, architetterà un complesso stratagemma.

In questo spettacolo non mancano toni ironici e satirici in grado di rendere leggera ed estremamente piacevole una commedia molto curiosa e che tratta di una teoria ancor più interessante; allo stesso tempo però lascia allo spettatore quasi la voglia di una più profonda riflessione che lo porta inevitabilmente a pensare, magari per la prima volta, che il denaro potrebbe veramente non essere tanto indispensabile come si crede. Questa è infatti una delle tematiche più curiose oltre che la più utopica; siamo infatti da sempre abituati a pensare che il denaro sia il bene che permette tutto e che averne in gran quantità sia solo una cosa buona, invece qui ci viene mostrato come esso crei solo preconcetti e disparità e che basti poco per distruggere il suo potere. Da qui la seconda e più interessante tematica, legata anche, in linea più generale, al tema delle apparenze: non serve essere realmente ricchi, basta solo che le persone ci credano. Questo infatti basterà affinché tutti, compreso Vincenzino stesso, il quale, infatti, con l’aiuto del professore, riuscirà ad ottenere ciò che desiderava facendo semplicemente in modo che gli altri lo pensino ricco, cambino totalmente atteggiamento, dimostrando così che, attraverso una buona dose di furbizia, è possibile raggirare il bisogno di denaro. Emerge cosi la genialità di una commedia che coinvolge e stupisce, grazie anche al dinamismo dei dialoghi e delle scene, e che porta però il pubblico a riflettere su quella che è una società, la nostra, alquanto materialistica.

Sara Sarchese - liceo classico Vittorio Emanuele II

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