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Viva Verdi - Come fu che Pinocchio non volle diventare un ragazzo per bene - Fuori abbonamento

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Domenica, 09. Ottobre 2011, 21:00
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Drammaturgia e Regia di Luciano Paesani


NOTE DI DRAMMATURGIA


Tutto accade nella città di  Acchiappa-citrulli, luogo collodiano ai confini della realtà, dove tutti finiscono, prima o  poi, col rifugiarsi. Città di confine, fuori dalle leggi del tempo che incurvandosi e ripiegando su se stesso la custodisce. Qui è come se il tempo abbia fatto le capriole. Con l’aiuto del vento ha sfogliato e disperso tutti i calendari, mischiando date, cose, avvenimenti e persone. Città  di inganni, ruberie, illusioni perdute... città  dove non si è padroni neppure dei propri sogni ma solo dei  propri fallimenti, poichè i sogni di tutti, tutti i sogni, sono stati rubati e per ciascuno di essi è stato posto un lampione spento lungo un Viale del Tramonto che tende all’infinito. L’intera città è un gran teatro dove spesso è difficile capire quali sono gli attori e quali i personaggi. In questa città di confine consuma il suo ultimo esilio Garibaldi. Incontra un volontario di ben due guerre d’Indipendenza che a lui, l’eroe leggendario, a  Mazzini e a Verdi, deve il valore della propria esistenza. Questo volontario quando non fa la guerra fa lo scrittore: Carlo Lorenzini, universalmente noto come Collodi, il papà di Pinocchio. E qui, ad Acchiappa-citrulli, Pinocchio cerca di vivere l’avventura per lui più importante di tutte e che sarà, come per Garibaldi l’esilio, l’ultima: l’incontro con il padre perchè deve dirgli qualcosa...


Questo spettacolo vuole essere, più che che un omaggio al nostro Risorgimento e, in particolare, a Giuseppe Garibaldi, in una fase nazionale storica mai così squallida, un atto d’amore sentito, grottesco e lacerante.


Luciano Paesani


 
L’APPARATO SONORO

I suoni rivestono grande importanza nell’impianto drammaturgico che li utilizza come elementi fondanti. La percezione di essi, sia avvertita come spazio scenico che come spazio della memoria di uno o più personaggi (il Generale e Pinocchio in particolare), ha una valenza non autonoma, la cui esistenza è funzionale alla scrittura scenica. Se ciò è ben evidente quando si tratta di spazio scenico: il bosco; il bosco maledetto; il ventre del pescecane; il mare aperto; lo è meno quando si tratta di spazio della memoria: il campo di battaglia, la giostra; i luoghi del passato; il senso della solitudine; lo spazio emotivo. L’assenza di riferimenti scenografici naturalistici è, quindi, una scelta ben precisa, avvertita come necessità di far posto alla mente come spazio. Ciò vale sia per i suoni naturali: civette, corvi, raganelle, grilli, uccelli marini, tuoni, raffiche di vento, tempeste; che per quelli meccanici: orologi, carillon. Un cenno a parte meritano le musiche che non sono esibite, ma evocate, sentite, rivissute nella mente dei personaggi e, quindi, nella loro dimensione di originale conoscenza popolare, perciò tutte eseguite dalla banda: dai due Preludi di La traviata (Atto I e Atto III) al Nabucco, a Un ballo in maschera; o cantate nella composizione originale: Addio mia bella addio, La bela Gigugin (o La bella Gigogin, diminutivo piemontese del nome Teresa) che sono i canti patriottici per eccellenza, il primo attribuito al fiorentino Carlo Alberto Bosi, il secondo al milanese Paolo Giorza, entrambi databili, con ragionevole certezza, nel 1859. Mi è sembrato doveroso inserire l’Inno di Garibaldi ( Luigi Mercantini e Alessio Olivieri, 1858) perchè accompagnò la Spedizione dei Mille e continuò a vivere durante la Resistenza: Radio Bari lo utilizzava per aprire e chiudere il notiziario di guerra . Fu inoltre utilizzato dal Fronte Popolare nel 1948 per la campagna elettorale. Qui è cantato da Enrico Caruso che lo incise il 26 settembre 1918 nello studio della Victor a Camden, New Jersey.


 


Inno di Garibaldi (1858)





All’armi, all’armi!


Si scopron le tombe, si levano i morti,


I martiri nostri son tutti risorti,


Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,


La fiamma ed il nome d’Italia sul cor.


Corriamo! Corriamo!


Su o giovani schiere,


Su al vento per tutto nostre bandiere


Su tutti col ferro, su tutti col fuoco,


Su tutti col fuoco d’Italia nel cor.


Va’ fuori d’Italia! Va’ fuoi ch’è l’ora!


Va’ fuori d’Italia! Va’ fuori, strranier!
Luogo Teatro Fenaroli

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