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CHI HA PAURA MUORE OGNI GIORNO, I MIEI ANNI CON FALCONE E BORSELLINO

La sera del 20 gennaio 2012 l'intero pubblico del Teatro Fenaroli di Lanciano era avvolto nel silenzio, assorbito nell'ascolto del superbo quanto scorrevole discorso del Magistrato e Parlamentare Giuseppe Ayala.

A distanza di venti anni dai due attentati di Punta Raisi e di via d'Amelio, che hanno segnato forse il momento più drammatico della lotta contro la mafia, Ayala racconta la sua verità, non solo su Falcone e Borsellino - i diretti protagonisti della serata - , che disegna con appassionata e ironica umanità, ma anche su quegli anni, sulle vittorie e i fallimenti della lotta alla mafia, sui ritardi e le complicità dello Stato, sulle colpe e i silenzi di una Sicilia che, forse, non è molto cambiata da allora.

Lo spettacolo si è aperto con il ricordo di quei due giorni drammatici che hanno spazzato via le vite di uomini che hanno dedicato se stessi alla Giustizia, ma ancora di più all’Italia, due eventi in cui si sono materializzate stragi indimenticabili nella storia del paese: la strage di Capaci del 22 maggio 1992 e la strage di via d’Amelio del 19 luglio1992 in una Palermo trascinata da un vortice tormentoso di violenza, sangue e paura. Erano gli anni '80, periodo in cui la mafia doveva ristabilire un equilibrio con lo Stato, che pagò caro il prezzo della stabilità con la perdita di molti pilastri della giustizia.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino restano due simboli, non solo dell'antimafia, ma anche di uno Stato italiano che, grazie a loro, seppe ritrovare una serietà e un'onestà senza compromessi. Ma per Giuseppe Ayala, che di entrambi fu grande amico, oltre che collega, i due magistrati siciliani sono anche il ricordo commosso di dieci anni di vita professionale e privata, e un rabbioso e mai sopito rimpianto.

Lo spettacolo si mostrava al pubblico composto di due parti: nella prima l’illustre ospite ha raccontato in tono colloquiale e amicale degli anni trascorsi con i suoi colleghi, dei momenti formali e di quelli informali segnati da drammatiche esperienze e continui periodi di tensione nei quali affiorava, come lui stesso ha ribadito più volte, una grande ironia che li ha accompagnati durante tutta l’indagine. Nella seconda parte Ayala ha finemente raccontato, rivivendo con il pubblico i passaggi più intensi del primo maxi-processo, laddove egli rappresentò la pubblica accusa, sostenendo le tesi di Falcone e del pool antimafia di fronte ai boss e ai loro avvocati, interrogando i primi pentiti (tra cui Tommaso Buscetta), ottenendo una strepitosa serie di condanne che fecero epoca. Ha ricordato con vivo fervore e sincera commozione come fu vicino ai due magistrati in prima linea quando, dopo questi primi, grandi successi, la reazione degli ambienti politico-mediatici vicini a Cosa Nostra, la diffidenza del Consiglio Superiore delle Magistratura e l'indifferenza di molti iniziarono a danneggiarli, isolarli.

<E’ bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno , chi non ha paura muore una volta sola>>. A Borsellino dobbiamo la nascita della grande lezione morale che Ayala ha inteso tramandare con tanta raffinatezza e passione.

Silvia Zulli

“Liceo Classico V. Emanuele II” II C

 

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