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Una pura formalità

Inspirato all'omonimo film del 1994 Tornatore induce a valorizzare il dualismo, la contrapposizione, il faccia a faccia. Si assiste alla vicenda-thriller di un autore letterario (Sturno) affetto da turbe e dimenticanze, fermato in stato di incoscienza mentre correva sotto la pioggia in un bosco dove contemporaneamente è stato rinvenuto anche un cadavere, situazione che spinge un commissario (Mauri) a sottoporlo a varie modalità di interrogatorio, che non portano a risultati tangibili, ma che rivelano una sintonia intellettuale tra l'inquisito e il responsabile di polizia, visto che quest'ultimo è un lettore e un cultore dei libri dell'altro.

Richiama i romanzi di kafka nei seguenti modi: questioni di foto, di telefonate nel nulla, di una pistola priva di un colpo, di rebus attribuiti a un barbone poeta, di memorie femminili discordanti. Fino a un epilogo duro e poetico. Non molti potranno fare il confronto col film originario in cui le due parti erano assunte da Gérard Depardieu e da Roman Polanski, ma di fronte al prodotto scenico odierno direi che l'operazione dal vivo s'è guadagnata una autonoma dignità segreta, meritevole di attenzione a sé. E molte cose forniscono segnali, indizi, fascini, ombre e turbamenti da percepirsi dal vivo. Efficaci i contributi della scenografia di Giuliano Spinelli (spelonca-fortilizio senza tempo), dei costumi moderni ma militareschi o culturalidi Irene Monti, e delle musiche di Germano Mazzocchetti. Con attorno altri quattro interpreti che definiscono il clima, il dialogo tra Mauri e Sturno è, forse, tra la vita e la morte.

Martina Di Nardo, Luca Campitelli, Benedetta Lalli, Miriana Sabo, Alessandro Pace, Giovanna Bucci

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