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“Questa sera si recita a soggetto”

Come Platone spiegava le sue idee con i miti, così Pirandello spiega le sue convinzioni come meglio sa fare: con il teatro.

Rende immagine e parola ciò che sarebbe concetto troppo rarefatto, divertendosi a giocare con dialettica e finzione.

L’autore non compare mai, ma è onnipresente: è quel maestro “venerando e terribile” che dimostra la sua tesi confutando quella avversaria.

Tutta l’opera si presenta, quindi, come una difesa del ruolo dell’autore e un attacco a quei registi che pretendono di essere autosufficienti.

Benché tutto sembri lasciato al caso, ogni movimento, ogni battuta, ogni critica e ogni disputa sono prestabiliti: i due livelli di narrazione si intersecano e si rincorrono in una sinfonica e studiata alternanza.

L’obiettivo di Pirandello viene, quindi, raggiunto nel riconoscimento finale, da parte degli attori, della necessità di un autore, ma anche ravvisato dallo spettatore attento nella meticolosa partitura che è alla base dello spettacolo.

Ripristinando la sua figura di autore, Pirandello si fa portavoce della necessità della finzione del e nel teatro: affinché l’eccessiva “verità” delle emozioni non arrivi a coinvolgere e distruggere attori e spettatori, egli restituisce a tutti il proprio ruolo, senza prevaricazioni né deliri di onnipotenza.

La malinconica storia della famigliola siciliana è solo un pretesto ed affezionarsi troppo ad essa significherebbe perdere di vista il fine che Pirandello si è proposto: far comprendere il teatro con il metateatro.

 

Clara Cuonzo, Liceo Classico “V. Emanuele II”, classe I C.

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