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“A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI?”

Questa commedia è andata in scena per la prima volta nel 1940 ma l’universalità del suo teorema la rende ancora oggi di amara attualità.

Eduardo Parascandolo, bizzarro marchese caduto in rovina, predica l'inutilità del lavoro e della ricchezza e, preso l’ingenuo e nullatenente Vincenzino Esposito, dimostra che non occorre avere soldi per vivere bene, ma è sufficiente avere la furbizia di dimostrare di averne. Quindi, basta l’apparenza che alla fine migliorerà la vita di Vincenzino che diventerà direttore di un noto pastificio e sposerà la ragazza più corteggiata del quartiere.

La sceneggiatura è ricca di battute e gli attori, in particolare Luigi De Filippo, sono impareggiabili nell’interpretare i pensieri dei personaggi tra di loro così diversi. La commedia di Curcio precorre i tempi in cui si parlerà di immaginazione al potere, di scandali economici, dell’onnipotenza del denaro che non è necessario possedere ma solo dimostrare di avere.

Quest’opera mostra la capacità di assecondare la vita più che di contrastarne gli eventi, la saggezza e la cosiddetta “arte di arrangiarsi” tradizionalmente attribuita al popolo napoletano. Si va dall’uomo dell’antica Grecia di Socrate e di Platone, fino a quello contemporaneo vittima dell’economia di mercato e angosciato dal saliscendi dello spread.

 

L’impostazione scenografica, con la suddivisione tra primo e secondo atto con diversa ambientazione - si va dai colori spenti quella del primo atto ai colori pastello del secondo- sottolinea il miglioramento sociale di Vincenzino e accompagna lo spettatore verso il lieto fine.

Nel complesso, esilarante commedia teatrale: da vedere.

Tommaso M. Carinci

Liceo Classico Vittorio Emanuele II classe II C

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